Tra le grandi personalità nel mondo dello Shiatsu francese, il nome di Bernard Bouheret non suona certamente sconosciuto. Qui di seguito brevemente il suo percorso: oltre 40 anni di pratica di Shiatsu, autore di molti libri tra cui il famoso “Vade Mecum de Shiatsu thérapeutique”; presidente dell’Union Francophone des Professionnels de Shiatsu Thérapeutique (Unione Francofona dei Professionisti dello Shiatsu Terapeutico); fondatore dell’Associazione Internazionale di Shiatsu Tradizionale; fondatore della Scuola di Shiatsu Terapeutico di Parigi; da sempre insegna con passione ed entusiasmo l’arte e la Via dello Shiatsu in tutto il mondo, soprattutto in India dove si reca ogni anno. Questo grande uomo racconta nell’intervista qui di seguito del suo ricco e sorprendente percorso, fornendo numerosi dettagli sulla storia di una vita dedicata alle sue passioni: la cura ed il cuore.
Ivan Bel: Ciao Bernard. Mi piace iniziare le mie interviste partendo dalle origini e dalla famiglia e, se non sono indiscreto, vorrei sapere da dove provieni.
Bernard Bouheret : Vengo dal sud della Francia. Ho vissuto a lungo a Montpellier, i miei nonni erano di Nizza e Sommières, quindi provengo da quella zona della Francia. Ho frequentato tutte le scuole e sono rimasto lì fino a 28 anni per poi spostarmi a vivere a Parigi. Oggi, all’età di sessantacinque anni, sono ancora a Parigi. Quindi si può dire che ora sono anche un parigino.
Ciò non significa che il sud della Francia non abbia lasciato un segno in te. In effetti, si sente ancora l’accento melodioso.
E’ vero, il sud mi ha segnato, non solo perché rappresenta tutta la mia infanzia, ma pechè la maggior parte della mia famiglia vive ancora lì ed è anche il luogo in cui ho studiato Shiatsu all’epoca con Thierry Riesser, il figlio spirituale di Okuyama sensei.
Prima di parlare di lui, puoi raccontarmi come è avvenuto il tuo incontro con lo Shiatsu, perché so che è stata per te un’avventura del tutto speciale.
In realtà mi sono diplomato presto, prima di compiere 18 anni. Ero uno studente mediocre e non sapevo bene dove orientarmi dopo il diploma, così decisi di studiare economia. Ma con il passare del tempo non riuscivo ad essere soddisfatto nè ad identificarmi in quel tipo di studi. Ero allo stesso anno di università di mio fratello maggiore, perché lui aveva fatto due anni di medicina ed era stato bocciato; consideravo che se lui aveva fallito, non valeva nemmeno la pena per me di provare a cimentarmi con quel tipo di studi; pensavo che sarei stato ancora meno in grado di farcela perché consideravo che lui fosse uno studente migliore di me. È pazzesco se ci penso, mi ero già dato per spacciato, invece incredibilmente si presentò la mia occasione.
Passai in quel periodo attraverso una sofferenza amorosa che mi ha toccò nel profondo; per fortuna un’amica mi invitò a raggiungerla in Africa per distrarmi. Smisi di studiare ed andai in Camerun per tre mesi nell’autunno del 1976 e devo ammettere che per un po’ mi persi in quella nuova vita. Lì tutto era eccezionale… Andavo a caccia con i pigmei, lavoravo come steward per una missione geologica dell’ONU nella profonda foresta al confine tra Gabon, Congo e Camerun, rimanevo in luoghi a volte inestricabili per intere settimane: insomma fu un’avventura incredibile. Poi, verso la fine del mio soggiorno, mi imbattei o fui contattato – non so bene come dire – da un guaritore “bianco”.
Un guaritore bianco in Camerun? Non è una cosa che accade tutti i giorni, bisogna essere fortunati per incontrarlo!
Sì, questo ragazzo faceva il meccanico di mestiere e anche il maniscalco nella bottega del fabbro. Ma di notte e nei fine settimana si trasformava in un guaritore. Era così conosciuto che la gente veniva a consultarlo da tutto il paese, persino da tutto il mondo. Era famoso per avere la capacità di guarire tutte le malattie terribili che ci sono in Africa: diceva di saper bloccare la cancrena, di far riassorbire le cisti e altre cose di questo genere. Viveva sulle alture di Yaoundé ma era di origini britanniche, con gli occhi azzurri come i miei, tra l’altro. Insomma, davvero un incontro improbabile!
Ho fatto la sua conoscenza tramite un’amica che avevo conosciuto sul posto e che doveva essere curata a casa sua. Mi ha invitato ad accompagnarla, dopodichè è stato come vivere la scena di un film. Entrai in quella che era la sua “tana”, un luogo speciale pieno di monili metallici sospesi ricavati da resti di vecchie automobili, e questo gentile signore – di cui ho dimenticato il nome – mi saltò letteralmente addosso chiamandomi “piccolo” e chiedendomi di aspettare la fine del trattamento per parlarmi, dicendomi di non andarmene. In 15 minuti curò la lombalgia della mia amica, poi tornò per catturarmi e non mi lasciò più andare via, perchè voleva raccontarmi quanto è fantastico essere guariti. Mi sballottò tutto il tempo e un paio di volte mi ha urlò addosso, insistendo e dicendomi: “Devi credermi, vedrai che un giorno capirai“. Era così agitato che a volte sembrava saltare in aria, era incredibile da vedere! Mi raccontò che sua madre gli prese le mani sul letto di morte e che chiese alla Madonna l’intercessione per trasmettergli il dono della guarigione. Il suo sguardo mi faceva bruciare il petto! In seguito capii che ero stato irradiato dalla sua energia!
Uscii da questo colloquio completamente scosso, ma scosso nel profondo e ben presto sentii le mie mani scaldarsi. Andai a quell’incontro depresso e perso, ma quando tornai ero completamente un altro uomo; questa esperienza e questo incontro mi avevano trasformato per sempre. Quando rientrai in Francia dissi a tutti che volevo guarire. Così nacque la mia vocazione. Avevo 21 anni.
Che storia incredibile! Mi rendo conto che tutto questo ti è accaduto precocemente, quando eri ancora molto giovane per sviluppare una vocazione del genere. Sono pochi gli shiatsushi che possano dire di aver iniziato così presto. Quindi cosa hai fatto una volta tornato a Montpellier?
Ebbene, incontrai un amico che oggi è un grande nome della psicologia biodinamica, François Lewin [i], che mi diede un volantino. Su di esso c’era scritto “Shiatsu e arti marziali”. Mi disse: “A te che hai fatto Judo da giovane, dovrebbe piacere“. Non sapevo assolutamente nulla dello Shiatsu, non ne avevo mai sentito parlare, ma decisi di andare a vedere di cosa si trattava. Lì incontrai Thierry Riesser-Nadal [ii] che si trovava a Montpellier. Non si fermò a lungo, ma fu un incontro molto intenso. Aveva comprato un grande appartamento e un bellissimo dojo dove teneva le sue lezioni. Era una persona sorprendente e bisogna riconoscere che conosceva bene il suo mestiere.
Va ricordato inoltre che era il figlio adottivo di Okuyama Ryuho sensei, cosa estremamente rara per un occidentale, poi ufficialmente nominato erede della scuola di jujutsu Hakko ryu (E.N.: “scuola di Jujutsu dell’ottava luce, o ultravioletto [iii]”) e del Koho Shiatsu, scuola che non ebbe molto successo tra gli altri sensei giapponesi. Ovviamente, era un ottimo praticante di arti marziali, e inoltre le sue mani avevano un tocco speciale; una delle peculiarità del suo Shiatsu era quella di percepire ed arrivare dritto al punto. Purtroppo sappiamo come finì [iv], e possiamo dire che fino alla fine non mise la sua arte al servizio della crescita, ma piuttosto al servizio dei suoi obbiettivi personali.
Credo che a quel tempo gli studi di Shiatsu non fossero strutturati. Quanto tempo hai trascorso a studiare con Thierry Riesser?
Era il 1977, quindi sì, gli studi non erano affatto strutturati (ride). Ma era tutto così incredibilmente emozionante per me, che andavo da lui a studiare una domenica al mese. Ho dimenticato di dire che aveva anche comprato un ristorante giapponese. Ricordo ancora il prezzo per la lezione: 80 franchi tutto il giorno, pranzo incluso. Per quei tempi non era caro, e anche per me, che non avevo molti soldi a disposizione, era conveniente. In classe non eravamo più di sei persone. Era davvero un’altra epoca.
Tra gli altri partecipanti a questo corso di Shiatsu, ce ne sono stati altri che ne hanno fatto una professione?
No, non che io ricordi. No, sono l’unico che ha continuato a fare il professionista. François Lewin è diventato uno strizzacervelli, sua moglie non ha continuato, e nemmeno la mia ex moglie, che ora è morta, ha continuato. No, sono l’unico che è diventato un operatore con un favoloso collega fisioterapista di nome Hervé Scala [v], che si è formato nel 1978. Pace all’anima sua, se n’è andato nel 2015. Allo stesso tempo, mi sono detto che avere una vera laurea e una buona conoscenza del corpo non sarebbe stato male. Per questo ho superato l’esame di fisioterapista. Ma non mi interessava diventare fisioterapista; volevo diventare uno shiatsushi. Va detto che come fisioterapista mi venne insegnato che ero un uomo ben strutturato, organizzato, che possiede una bella casa chiamata corpo, ma che rimane “un omino di carne, ossa e sangue”. Mentre quando si entra nella dimensione della medicina cinese, si parla di “Uomo tra Cielo e Terra”, con tutti i suoi aspetti universali e spirituali; la testa è rotonda come il Cielo e i piedi sono quadrati come la Terra. Cosa avreste fatto voi al posto mio? La mia scelta è stata rapida! Sarebbe stato l’uomo cosmico il mio modello.
Come si sono evoluti i suoi studi con Thierry Riesser?
Per rispondere alla domanda precedente, la formazione durò due anni molto intensi, perché strutturò il corso su modello di Maestro Okuyama. Non si poteva accedere allo Shiatsu senza passare per le arti marziali. Quindi c’erano seminari di Shiatsu, ma anche di arti marziali. Rimase “esplanté” (E.N.: “sorpreso”), come si dice nel Sud, perché il Judo che mi era stato insegnato mi permetteva di cadere molto bene sui tappeti e questo lo colpì molto. Ero capace di cadere in tutti i modi, quindi rapidamente imparai la modalità giusta.
Inoltre, seppe che sarei diventato fisioterapista come lui, che ero appassionato di Shiatsu, quindi c’era un bel legame tra noi, ed io ero così giovane! Certo, era capriccioso e terribile sotto molti aspetti, ma il suo carattere non mi ha mai disturbato, abbiamo sempre avuto un buon rapporto. Mi insegnò molte cose, a volte a sua insaputa; imparai molto da lui, sia in termini di contenuti che di tecnica. Era un uomo di grande talento. Si potrebbe dire che aveva tanti problemi psicologici quanti talenti, è un peccato che abbia fatto una brutta fine. Tra le sue tante capacità, c’era quella di saper comprendere le pulsazioni e il suo tocco era incredibilmente raffinato. Ho imparato molto da lui, anche se ad un certo punto mi resi conto che non dovevo rimanere troppo a lungo “in braccio a lui”.
Durante lo stesso periodo, ero tirocinante nel reparto di pneumologia di un ospedale. È stato molto interessante perché mi occupavo di fisioterapia respiratoria e non era uno scherzo perché si salvano letteralmente delle vite quando si sa fare un “clapping” efficace [vi]. Rimasi sei mesi in questo reparto. Vidi purtroppo anche molte persone morire, ma il risvolto positivo che gli studi di fisioterapia ebbero fu quello di prepararmi alla professione di terapista, e di mettermi di fronte alla sofferenza e alla morte. Ebbi l’opportunità di incontrare un fisioterapista che era anche agopuntore e che mi fornì un buon contatto per seguire un corso di agopuntura. Decisi quindi di seguire questi corsi, per questo Thierry si offese. Gli spiegai che stavo facendo ciò che ritenevo essenziale per approfondire la mia conoscenza dello Shiatsu e iniziai due anni di studi di medicina cinese sotto la direzione di Patrick Fleury. Quest’uomo non è molto conosciuto oggi, eppure è stato il precursore di molte scuole di agopuntura. Ancora una volta, non eravamo in molti, 8 o 10 persone, non molte di più. Tutti questi argomenti non erano ancora in voga presso il grande pubblico. Avevamo quindi la sensazione di partecipare a qualcosa di importante, di essere una sorta di pionieri. Eravamo tutti appassionati, nessuno pensava ai soldi ma ognuno di noi voleva avere una vita morale e seguire un sentiero virtuoso. Per questo gli anni ’70 sono stati anni benedetti! Si percepiva un vento di libertà e di apertura mentale che forse non vedremo mai più.
Incomincia a questo punto ad essere un viaggio accademico…
Ah, non è tutto, tieniti forte! Durante lo stesso periodo, seguivo i corsi di Jean Maillet (il cui f iglio François Maillet è oggi un rinomato omeopata), che era un fisiatra dell’aria liquida. Per due anni, ci insegnò anche medicina cinese, ma attraverso il filtro della fisica. Incredibile!
Quindi come veniva interpretata?
Ti faccio un esempio. Riguardo alle 6 qualità del Cielo nell’ideologia cinese ci disse: “In realtà si tratta sempre di pressione, volume e temperatura: in altre parole nella medicina cinese tutto riguarda le seguenti coppie di opposti: pieno-vuoto, secco-umido, caldo freddo“. Passò in rassegna tutta la medicina cinese con questa modalità di interpretazione, integrando anche molti contenuti dell’Yi king (E.DN.: Il libro dei Mutamenti) perché lo amava molto. Noi studenti eravamo straniti come se stessimo vagando persi nel cosmo e ricordo che alla prima lezione ci guardammo e ci chiedemmo dove fossimo finiti. (Ride). La realtà è che ci faceva letteralmente fluttuare nel cosmo! Feci molti progressi grazie a questa visione scientifica, ma non è stato semplice resistere e non perdersi.
Nuotando in queste acque marziali ed intrise di shiatsu, è normale che nasca il desiderio di andare a visitare il Giappone. Tuttavia, sembra che Thierry Riesser non volesse sostenerla in questo progetto. Cosa successe?
Era la fine del 1980 e mi confrontai con Thierry Riesser, perché ovviamente ci parlò del Maestro Okuyama e del suo dojo, e ci spiegò anche che non si poteva andare in Giappone senza essere raccomandati, soprattutto per entrare in una scuola come uchi deshi (E.N.: studente che vive permanentemente nella casa del maestro). Chiesi di aiutarmi in questo senso, ma non volle farlo. Non compresi mai bene il motivo per cui non volesse, probabilmente la causa erano i suoi problemi personali ed il suo temperamento. Ma il mio amico Hervé Scala era stato in Giappone poco tempo prima e mi scrisse una bella lettera di raccomandazione. Nella primavera dell’81 partii per il nord di Tokyo, nella piccola città periferica di Omiya, nella provincia di Saitama.
Immagino che sia stato un enorme cambiamento di scenario sia umano che culturale, non è così?
All’epoca, per andare a Saitama era necessario prendere il treno per l’estesa periferia di Tokyo per almeno due ore e poi vagare per diverse strade prima di trovare il dojo. Il dojo era un edificio a tre piani, cosa rara in Giappone. Il sensei era molto ricco. Hervé fu molto ben accolto, anche per il suo viso amichevole come Tabarly (N.d.T.: Eric Tabarly fu un famoso velista ed agonista francese. Vinse molte regate che si tennero tra il 1964 e il 1976), quindi fui accolto molto bene, molto meglio che se fosse stato Thierry a raccomandarmi, perché aveva lasciato un brutto ricordo a causa del suo pessimo carattere e della sua ambizione patologica. Fu la grande occasione della mia vita, perché fui subito inserito nella famiglia, soprattutto grazie all’affetto del figlio disabile di Okuyama sensei e in particolare di suo nipote Takashi, che mi adorava [vii].
Ebbi inoltre un’avventura annaffiata con tanto sakè la prima notte in cui arrivai, che mi fece guadagnare grande fama nel dojo e anche nell’intera città di Omiya. In breve, fui trovato ubriaco in una toilette e questo fu accolto in Giappone come se avessi toccato il fondo della mia storia. Interesante, no? In un certo senso superai la prova e divenni uno di loro, tanto che incontrandomi tutti mi battevano sulla spalla facendomi un sorriso complice.
Il mio senpai (E.N.: studente più avanzato nella Via, anche se più giovane di età) era Yasuhiro Irie, un uomo di straordinaria gentilezza, ma anche un vero genio delle arti marziali. Aveva anche il vantaggio di essere l’unico a parlare inglese e in quell’occasione nacque un’amicizia che perdura ancora oggi. Fu per me un favoloso fratello maggiore e un mentore. Senza di lui il mio soggiorno in Giappone sarebbe stato un inferno.
Trascorsi sei mesi terribili. Ogni giorno lavoravamo dalle 6 alle 8 ore al giorno al dispensario, poi la sera facevamo due ore di allenamento nell’arte marziale chiamata Yawara (E.N.: antenato dell’attuale jujutsu). Ci allenavamo con un’intensità incredibile. Per quanto riguarda lo Shiatsu, non mi era ancora permesso di praticare, ma solo di assistere per ore. Poi, ogni sera, uscivamo e bevevamo drink pazzeschi e il karaoke era un obbligo. A volte dormivamo solo 3 o 4 ore per notte e poi si ripartiva. Bisognava stare al passo. Il lavoro fisico era così intenso che mi sentivo indolenzito, come contorto in tutte le parti del corpo e durante i miei sogni una forza oscura era all’opera e continuava a rivoltarmi e a lavorare nel profondo di ogni mia cellula. Inoltre, Shinto e i kami erano costantemente presenti in molte cerimonie e avevo la sensazione che tutto questo mi muovesse internamente senza sosta, giorno dopo giorno, notte dopo notte. Tu conosci l’Aikido, ma lì le tecniche come il nikkyo erano sempre eseguite in modo approfondito e senza precauzione alcuna. La sera il mio corpo era esausto, ma dovevo comunque uscire per bere e cantare. Era una vita folle. Un Giappone indimenticabile, ma così faticoso!
Quando avevo un po’ di tempo, Irie mi portava con il suo motorino e andavamo a raggiungere i suoi genitori che erano commercianti di gas e carbone; mi insegnavano le parole della lingua giapponese, a contare con l’abaco cinese: era un’immersione completa e continua nella vita quotidiana giapponese. Irie consegnava i sacchi di carbone e le bombole di gas e io andavo con lui. Dovevo far ridere la gente con gag concordate in anticipo e lui mi derideva amichevolmente: il successo del nostro duo comico era garantito. Quando non avevamo niente da fare, stavamo con i suoi genitori al negozio. È lì che ho conosciuto il Giappone autentico, il Giappone delle persone semplici. Nella famiglia c’erano la mamma, il papà ed un piccolo cane bianco. Stavamo così bene insieme. Al dojo era tutta un’altra cosa, perché Okuyama sensei non apparteneva alla stessa classe sociale. Era ricco e famoso, aveva una reputazione da mantenere e le celebrità venivano a casa sua per farsi curare. Lì la gente veniva senza appuntamento, la clinica era aperta tutto il giorno e noi aspettavamo nella sala d’attesa, e questo era tutto. Erano tutti vestiti in stile giapponese, come nel XIX secolo. Un giorno non c’era nessuno a gestire l’ambulatorio, tutti avevano qualcosa da fare fuori, così mi dissero che era il mio turno di gestire l’ambulatorio ed ero terrorizzato. Ma non venne nessuno (ride). Rimasi tutto il pomeriggio da solo.
Che rapporto aveva con Okuyama sensei?
La relazione non l’ebbi solo con il maestro, ma con tutta la famiglia e… devo dire, che strana famiglia.! Quando arrivai, vidi Waka sensei (E.N.: litt. “Giovane maestro”, il figlio erede) che aveva le mani tremanti perché beveva molto. Poi il suo secondo figlio, potatore di handicap dalla nascita, mi saltava addosso per abbracciarmi e cercava di farlo ogni giorno. Era leggermente trisomico ed era una cosa incredibile per me dovermi nascondere perché voleva baciarmi a tutti i costi. Infine, suo nipote Takashi – Taka-shan, come veniva affettuosamente chiamato – che all’epoca aveva due anni, si infatuò di me e non voleva lasciarmi mai. Mi cercava ovunque e mi chiamava per tutto il dojo. Quindi, visto che tutta la famiglia mi amava, il Maestro Okuyama mi aveva davvero messo nel mirino.
Davvero non ha praticato lo Shiatsu in tutti questi mesi?!
Quando sono tornato in Francia, non osavo dire che non avevo praticato lo Shiatsu; ma se vuoi ora puoi scriverlo nel tuo articolo. Dal punto di vista marziale, avevo fatto progressi incredibili, ero tornato con muscoli ovunque e un corpo asciutto, pronto a tutto. Però ero andato lì per lo Shiatsu e pensavo di non aver imparato nulla. Faceva eccezione solo una domenica al mese, quando i praticanti avanzati venivano da tutto il Giappone per scambiarsi trattamenti, per praticare insieme. Quindi quello era l’unico momento in cui potevo fare Shiatsu con loro. In realtà ho comunque imparato molto, solo che non si trattò di un processo intellettuale. Il corpo imparò molto sulla postura, sul ritmo, sull’intensità della presenza, sul saper osservare e “rubare” la tecnica con gli occhi, sulla disponibilità f iica e la sua reattività al minimo cambiamento e in fine sulla capacità di andare avanti per ore e ore senza indebolirsi. In effetti, facevo come i giapponesi: stavo zitto e imparavo osservando. Questo soggiorno in Giappone ha lasciato dentro di me un segno indelebile Non ho mai sofferto così tanto, ma che lezione di vita! Una vera e propria iniziazione.
Quando ritornasti in patria, non eri più lo stesso uomo e prendesti la decisione di fare un grande cambiamento di vita, spostandoti a Parigi. È un po’ la storia di molti francesi che “ascendono” nella capitale.
Sì, ma questo cambiamento fu molto doloroso per me. Divorziai, con una figlia che all’epoca aveva due anni. Ero combattuto ed indeciso, ma infine partì per Parigi. Lì Thierry Riesser mi fece molte proposte interessanti, tra cui anche di lavorare insieme, ma una volta trasferitomi non andò come previsto. Così smisi di seguirlo perché compresi che dovevo cambiare rotta e che dubitavo ormai della qualità della nostra relazione. Così mollai tutto e mi ritrovai senza un soldo nella capitale. Per fortuna un’amica – che in seguito sarebbe diventata mia moglie – mi diede una mano e mi aiutò a sistemarmi. Ancora una volta iniziai tutta una serie di studi con André Ratio, all’epoca kineo-osteo omeopata, che poi divenne medico, perché lui stesso si rimise a studiare. Fondò un college che metteva insieme tutte queste tecniche e le relazionava alla medicina cinese. Creò un gran numero di collegamenti tra queste diverse discipline. Era la prima volta che organizzava, con altri nomi famosi, questo approfondimento attraverso stage mensili e posso assicurarti che si trattava di un corso davvero di alto livello!
In quel periodo conobbi l’incommensurabile dottor Jean-François Borsarello [viii] e feci due anni di corsi con lui. Era un grande agopuntore i cui libri sono molto conosciuti. Ancora una volta, è stato incredibile come tutto è accaduto, un’occasione fantastica. Andai lì alla spicciolata, lo incontrai e gli confessai che non ero un agopuntore, ma che ero appena tornato dal Giappone e che mi occupavo di Shiatsu. Con il suo accento del Sud, mi disse: “Ah, mi piace la tua storia! Puoi venire”, ed ecco che mi ritrovai immerso in un corso di agopuntura di alto livello. Non dava lezioni nel senso comune del termine, ma una volta al mese riuniva tutti i grandi agopuntori di Parigi e della Francia, che si confrontavano con lui sui casi difficili che incontravano nella loro pratica. Ricordo ancora che ci incontravamo all’Osservatorio di Parigi, nel magnifico spazio di Thérèse Bertherat[ix] – discepola di Françoise Mézières [x] – che aveva creato l’Antiginnastica. In breve, fu un periodo di immersione in una bolla intellettuale; in tutta onestà, devo dire che all’epoca il livello era troppo alto per me. Ricordo il nome del dottor Haxwawini, oggi molto famoso, che faceva parte del gruppo.
Ma come è andato l’esordio della tua vita a Parigi, perché all’ inizio non è mai facile, non è vero?
Fu una mia paziente a prestarmi un appartamento per aiutarmi durante i primi tre mesi, perché in effetti l’inizio è stato davvero duro. Non avevo un soldo in tasca. Alla fine incontrai un fisioterapista che mi aiutò con i pazienti e riuscì ad affittare un posto proprio di fronte a casa sua. Poi mi presentò un agopuntore e fu grazie a loro che iniziai ad avere pazienti. Posso dire che la mia vita professionale iniziò subito, come già accadde a Montpellier, grazie all’aiuto dei medici. Per questo non ho mai separato lo Shiatsu da un approccio medico e ho sempre avuto un rapporto incredibilmente buono con il mondo della medicina. Infatti, mi mandavano i loro casi difficili o quelli che non volevano medicare. Un altro medico, una donna che in seguito divenne medico ufficiale del Senato, si unì al primo gruppo di lavoro e lì le persone cominciarono ad arrivare a frotte. Cinque anni dopo, mi trasferii nel quartiere Mouffetard – 35 rue de l’Arbalète – in un affascinante edificio chiamato “Villa Médicis”. La cosa incredibile è che proprio in questo edificio era nato mio padre nel 1928. Mi fece uno strano effetto, anche se lui era stato lì solo di passaggio, visto che noi eravamo originari del Sud o della Borgogna, e non di Parigi.
Furono anni benedetti, di completa immersione nello Shiatsu. Lavoravo dalle 8 alle 10 ore al giorno come avevo visto fare in Giappone. Per un certo periodo feci anche 18 trattamenti al giorno, senza pause tra una sessione e l’altra se non per il pranzo. Non incoraggio nessuno a farlo, ma volevo immergermi – anima e corpo – nello Shiatsu. Oggi sono più tranquillo, l’anno scorso ho deciso di rallentare e di dimezzare le sedute: faccio solo 6-7 persone al giorno. Ma questo mi ha permise di andare oltre la tecnica, oltre al pensiero, e di lasciarmi emozionare dai kata del Koho Shiatsu. Feci questa vita per 15 anni. All’epoca non volevo parlarne, né insegnarlo, ma viverlo come operatore in profondità. Infatti, mi chiamavo “operatore ombra” perché non avevo una targa o un campanello con la parola Shiatsu. Nessuno mi conosceva nella nostra comunità, tutto avveniva tramite il passaparola dei pazienti e basta. I farmacisti e i medici locali sapevano soltanto che nel quartiere c’era un fisioterapista senza insegna che andava a piedi nudi tutto l’anno. (Ride)
Com’ è possibile mantenere un tale ritmo per un periodo di tempo così lungo?
Non ero io, era una forza che mi trascinava e mi permetteva di lavorare così. Come un pittore che lavora per anni nel suo studio e non dice e non mostra nulla finché non è soddisfatto del suo lavoro. Lo shiatsu è un’arte, una Via, e non si può vivere in modo mediocre, almeno questo è il mio punto di vista. Ero posseduto da questa forza vitale che voleva vivere in me.
È come la “Nigredo” per l’alchimia!
Sì, è così! Ho forgiato la mia mente, il mio corpo, la mia tecnica su migliaia di corpi. Nel 1991 accadde qualcosa. Una donna che era stata da me solo una volta mi fece vivere un’esperienza incredibile: Le presi il polso e sentii due lame di rasoio dietro le orecchie. Urlai di dolore, tutti rimasero sbigottiti e io mi dissi che quel dolore così acuto non era mio. Le chiesi: “Ma signora, cosa le hanno fatto alle orecchie?“. E lei rispose: “Tre settimane fa sono stata operata alle orecchie per sistemarle“. Avevo appena sentito il bisturi del chirurgo sul mio corpo!
In quel momento capii alcune cose enormi nella mia costruzione come terapeuta. Prima di tutto, che non c’era separazione tra me e l’altro, che potevo lasciare che le sensazioni entrassero dentro di me per guarirle meglio. Poi, dal momento che avevo sentito qualcosa che era accaduto tre settimane prima, compresi che il tempo passato-presente-futuro non è che una cortina di fumo, in realtà non esiste. Possiamo connetterci in qualsiasi momento. E in quel momento ho sentito una voce che diceva: “Ora devi lavorare con questa consapevolezza“. Dopo questo avvenimento, mi sentivo così trasformato che smisi di allenarmi, non volevo più imparare in un’aula. Incominciai ad entrare dentro di me per camminare attraverso un viaggio di 10 anni, proprio alla maniera sciamanica, così come era descritto anche nei manuali di guarigione originari, sia in Cina che in Giappone.
Che storia incredibile! E il Qigong com’è entrato in tutto questo, perché oggi è una parte importante della tua vita e del tuo insegnamento per aiutare gli studenti a sviluppare la loro l’energia.
A quel tempo esistevano per me solo lo Shiatsu e la famiglia, mia moglie e i miei tre figli. Pian piano iniziai ad insegnare in qualche seminario e nella prima classe in cui incominciai nel 1987 c’era Michel Sarre (N.d.T.: attualmente uno dei grandi insegnanti di Shiatsu in Francia, che lavora nell’area sud-occidentale della Francia). Fu al “Jardin des plantes” di Parigi, con un brasiliano di origine catalana, che conobbi il Qigong. Non volle insegnarmi e mi chiese di leggere prima “La via dell’energia” di Lam Kam Chuen e disse che se mi fosse piaciuto avrei potuto richiamarlo in seguito. Scoprii allora la postura dell’albero e cominciai da solo. La prima volta il mio corpo tremò. La seconda volta tremò così forte che iniziai a preoccuparmi. La terza volta il mio corpo tremò tanto da farmi perdere il controllo e mi sentii come se fossi nel bel mezzo dell’oceano, sballottato dalle onde. Una delle onde fu così forte che mi fece vivere l’esperienza dell’improvvisa uscita dal corpo; letteralmente lasciai la terra e viaggiai. Ecco perché prima ho parlato di sciamanesimo, perché penso che se non si ha mai vissuto esperienze del genere non si possa affermare di conoscere veramente il mondo del Qi. Il giorno dopo l’insegnante di Qigong mi accettò come studente. Praticai con lui per 5 anni, una volta alla settimana, ma con l’obbligo di lavorare ogni giorno. Altrimenti disse che non era interessato a proseguire con me perché considerava indispensabile questo lavoro quotidiano. Da quel giorno in poi le esperienze incredibili incominciarono a sommarsi, soprattutto proprio nell’orario serale. Devo confessare che mi appassionai profondamente, perché trovo che sia una tecnica meravigliosa. Il Qigong fa ormai parte della mia vita, è fondamentale per nutrire il mio essere, la mia energia, il mio cuore e lo Shiatsu. È come se un maestro mi guidasse dall’interno e venisse a sua volta a nutrire il maestro interiore del paziente durante la seduta di Shiatsu.
Parliamo di Shiatsu, del tuo Shiatsu. Osservandoti per diversi anni, mi sono reso conto che ci sono tre elementi costanti nel tuo modo di praticare. Il primo è l’introduzione della musica nella pratica. Vuoi spiegarci meglio?
Tutto ciò è dovuto al fatto che da giovane ho fatto molta musica. Poi, quando ho iniziato a studiare Shiatsu, frequentavo un gruppo di amici che erano jazzisti professionisti e che hanno risvegliato in me questa dimensione. Il jazz è speciale perché si ascolta, si suona, si improvvisa, si rimbalza, sempre rimanendo nel ritmo. La musica mi porta gioia e mi permette di vivere la vita ascoltando il bambino interiore che vive in me. Mi sento allo stesso tempo un bambino gioioso ma anche un vecchio consapevole che comprende da sempre ogni cosa. Il bambino prende per mano il vecchio saggio. C’è una frase di Cervantes che dice: “Tieni in mano la mano del bambino che sei stato“. È ciò che faccio ogni giorno e che mi dà una gioia semplice ma profonda.
Quando incontro un paziente, quando tocco un corpo, è come se leggessi uno spartito musicale. Non tutte le parti del corpo vanno toccate con lo stesso ritmo, con lo stesso tempo. È la stessa cosa per gli aghi dell’agopuntore che vanno introdotti a profondità diverse a seconda del punto. Ogni persona ha una specie di sinfonia interiore e io compongo la melodia in base a questa. Il ricevente ed io formiamo un duetto, ci ascoltiamo a vicenda, in sintonia, e finiamo per suonare un pezzo insieme.
Esiste una musica più profonda?
Sì, esiste una musica universale, è la musica del mondo, del tempo, dell’energia, della vita e talvolta anche della malattia. C’è un tempo cosmico [xi] che scandisce la misura e bisogna saperlo ascoltare, meglio ancora, percepire. Esiste altresì un diapason cosmico ed è quello che sentivano i taoisti. Non sono io a decidere quando fare una pausa, dipende dal ritmo,. È come se qualcuno mi dicesse ad alta voce “ecco, devi fermarti”! Ecco perché nel “mio” Shiatsu sono presenti pause regolari, durante le quali le mani riposano, collegandosi in profondità. Poi il movimento ricomincia. Il vantaggio è che in questo modo lo Shiatsu diventa molto vivace, non ci sono due sedute uguali. Ed è così anche quando insegno. Mi sento parlare e presto non sono più io. E’ come se fossi “parlato”. Non insegno più, sono “insegnato”. Non è affatto la stessa cosa, mi capisci?
Sì, molto bene, è una cosa che accade regolarmente anche a me quando insegno. Il secondo elemento caratterizzante di quello che hai chiamato Sei Shiatsu, lo Shiatsu dell’ “Uomo sincero”, è il posto predominante che ha il Cuore e la dimensione spirituale. Ritroviamo l’importanza che hanno per te il messaggio cristiano e contemporaneamente la dimensione spirituale indiana ed orientale. Quando si riceve uno Shiatsu da te, si sente chiaramente molto di più di una semplice pressione.
Certo! Forse non molti lo sanno, ma io avevo un nonno che lavorava in India ai tempi di Gandhi. Di conseguenza, la casa di famiglia a Montpellier era piena di oggetti provenienti da quel paese, oggetti bellissimi, tappeti, bassorilievi, statuette di Buddha e così via. Fu lui a trasmettermi molto presto l’interesse per la spiritualità indiana. Parlava sempre dell’India e io, da bambino, mi nutrivo delle sue storie. Raccontava la storia dei 10 avatar di Vishnu a tutti noi nipoti, quindi rimasi folgorato da questa cultura quando ero ancora molto piccolo. Da allora ho letto la maggior parte degli scritti dei grandi ed incredibilmente potenti maestri indiani, ed ho conosciuto la Madre Divina [xii], madre di tutte le madri, colei che si prende cura delle ferite di tutta l’umanità, l’espressione stessa della compassione e dell’amore materno universale. Tutti i terapeuti dovrebbero avere questa esperienza della Madre Divina per affrontare i dolori e le disgrazie delle persone. Se questa Madre Divina non è con voi, allora siete soli, in balia di voi stessi, ed è tutto inutile! Se Lei è con voi invece, ne uscirete sempre vittoriosi.
Tra i cinesi si parla di Sheng Ren, l'”uomo retto o nobile”, che grazie alla sua virtù e alla sua compassione supera la propria dimensione e può quindi guarire. Non sono io a dirlo, ma i primi 11 capitoli del Suwen: “L’uomo realizzato fa del suo cuore uno specchio“. E anche “La mano realizza ciò che il Cuore detta” dice Zhuang Zi; questa è l’idea fondamentale che ho fatto mia.
In Occidente invece, da questa parte del pianeta, tutti i guaritori sono collegati a Cristo. Gesù è ancora colui che dimostra che con l’imposizione delle mani si può guarire. Nessun vero guaritore guarisce senza dedicare le sue cure e la sua vita a Cristo, perché è lui il maestro dei guaritori. E tra i musulmani è lo stesso. Lo chiamano ʿĪsā. Se un musulmano sogna ʿĪsā, il marabutto o l’imam gli dirà “Vai e guarisci, perché ora sei un guaritore“. Ho una studentessa musulmana che ha sognato che Cristo le baciava le mani e le lavava i piedi. Ha cercato una disciplina da praticare, una guarigione da regalare , e ora finalmente fa Shiatsu. Capisci? Noi diremmo: “Beh, è solo un sogno“. Invece no. Il cielo cerca servitori e ricettacoli. Volete esserlo anche voi? Dio non ha mani diverse dalle nostre!
La ragione del successo nello Shiatsu è quando il cuore è come una fiamma, una fiamma divorante perché brucia ciò che non è buono negli altri cuori. E quando la scoria del Cuore è bruciata, allora rimane la Gioia, una gioia immensa, la gioia di sapere che si è non separati, infiniti e immortali. “L’anima non teme la morte, sa di avere come sposo l’infinito“, dice il sufi Al Maari.
Questa profondità è certamente qualcosa su cui dovremmo tutti meditare e a cui tendere nella nostra professione. In conclusione, l’ultima componente essenziale del tuo Shiatsu è l’importanza che attribuisci alla medicina cinese. Infatti non tutti gli operatori fanno questa scelta.
Per me non c’è modo di aggirare la medicina cinese, o in senso lato la medicina orientale, perché è una scienza umana fenomenale per ampiezza e profondità. Solo che ci sono solo libri per medici e nessun libro scritto per guaritori. Quando lavoriamo con la mano, non passiamo attraverso la mente, quindi non possiamo descriverlo con la lingua scritta. Si tratta dell’indicibile: le sensazioni non sono trasmissibili. Se dico a uno studente: “Fai come me”, non può farlo. E se qualcuno mi chiede come faccio a sentire ciò che accade nell’altro, non so come spiegarlo. Lo sento e quello che posso fare è aiutare lo studente a rivolgere lo sguardo verso l’interno.
In realtà, la medicina cinese fornisce una solida base che noi operatori dobbiamo conoscere, ma non possiamo fermarci lì. Prima viene il desiderio di guarire, deve venire dall’intestino. Poi si sale nella mente e si imparano le regole e le leggi della medicina cinese. Infine, si torna giù nella pancia e nelle mani. Come dicevo durante il corso, se sentiamo le leggi della medicina cinese come “il Cuore scende nei Reni, il Fuoco scalda l’Acqua”, allora le mani diventano custodi di queste leggi e le applicano. È un fenomeno potente, lo abbiamo testato proprio oggi pomeriggio, è incredibilmente fertile, non è cosa da poco. Quindi sì, dobbiamo imparare la medicina cinese, ma per integrarla e poi dimenticarla. Non appena si è in una seduta di Shiatsu, è ora che le mani parlino, perché seguono il movimento del Cuore e sono state educate dalle grandi leggi: i tessuti, i meridiani, i fluidi corporei, i cinque elementi… bisogna custodire queste leggi nelle mani ed si applicarle. Come hanno detto i ricercatori della fisica quantistica, la materia non esiste, ma è un tessuto di relazioni. Ecco, è proprio così! Mettiamo tutto in relazione e tutto passa attraverso il Cuore. È soprattutto così che comprendiamo che nulla è separato, ma tutto è in relazione. Credere di essere un altro individuo separato dalla persona che si tocca è un’illusione così profonda che sta distruggendo il mondo in questo momento. È come se la mano destra dicesse alla mano sinistra “no, non conosco questa persona, non ho una relazione“. È come se la mano destra dicesse alla mano sinistra “Non conosco questa persona, non ho una relazione con lei, il suo problema non è il mio“; ma questo modo di pensare è così assurdo! Siamo tutti collegati, siamo tutti intessuti di fili divini.
Dopo 40 anni di lavoro, e in particolare di lavoro su di te, ho l’impressione che il tuo Shiatsu non sia più quello che si intende nel senso accademico del termine. Hai fatto esplodere la struttura per essere finalmente solo nel sentire.
Mantengo ancora i protocolli, i kata, perché è la strada che porta al sentire, al Qi e sono obbligato ad insegnarli, perché forgiano gli studenti e costruiscono in loro la struttura e la tecnica. Ma sì… per me non ha più importanza. Non sono più le sedute di Shiatsu che faccio, ma ogni volta un’esperienza di incontro. Cerco la pace profonda, il luogo nella persona dove la pace rimane per riportarla ad emergere. È quello che i praticanti Zen descrivono come “Hon Gen”, l’origine del mondo dove non ci sono né vento né onde. È qui che cerco di andare, nel luogo dove tutto è sospeso e tutto è possibile. Per farlo è necessario attraversare il corpo ed arrivare a toccare il Centro: ma il Centro non è nel corpo. La risposta, amico mio, la porta in sè il soffio di vento… (canticchia). Vi lascio con queste parole (ride) !
Grazie, sento che mi divertirò molto a trascrivere quest’ intervista. Mi piace concludere sempre con una domanda per i lettori. Cosa diresti ai praticanti e agli studenti per aiutarli a non scoraggiarsi durante gli anni di studio, di lavoro e di infinite prove che si devono affrontare?
Senza pensarci troppo, ecco quello che mi viene subito in mente:
- Fare un patto con il Cielo. Senza il Cielo l’uomo è davvero piccolo. Il Cielo stesso deve essere chiamato Cielo. Abbiamo bisogno del consenso del Cielo per aprire il cammino della nostra vita. L’uomo è grande se il Cielo è con lui.
- Trovate il vostro maestro interiore per crescere ogni giorno un po’ di più, imparate e lavorate instancabilmente, perché la ricompensa è sempre pronta per chi si prende la briga di farlo. Il maestro interiore è la vita interiore, è la presenza, la coscienza, il Sé.
- Non fate mai nulla a malincuore per essere voi stessi e siate felici di esserlo. E affidatevi costantemente alla GIOIA! Grazie di cuore per quella che non è più un’intervista, ma un vero e proprio viaggio attraverso le parole. Buon viaggio per la missione in India che inizierai tra tre giorni e arrivederci a presto sul tatami.
Con vero piacere.
Note :
- [i] Pionieri della psicologia biodinamica in Francia, Christiane e François Lewin sono i fondatori e i principali formatori della Scuola di psicologia biodinamica.
- [ii] Thierry Riesser è un nome conosciuto nel mondo delle arti marziali e uno dei primissimi pionieri dello Shiatsu in Francia. Ottenne il menkyo kaiden (il più alto diploma tradizionale giapponese) dalla sua scuola, fu adottato dal fondatore Okuyama Ryuho e divenne erede della scuola Hakko-ryu, che gli procurò molta inimicizia da parte di altri maestri giapponesi. Infine, lasciò la scuola per fondare Okuyama-ryu in Francia. Nello Shiatsu fondò la FFSTJ (Federazione francese di Shiatsu tradizionale in Giappone) nel 1975 in Francia, la prima federazione storica di Shiatsu in Francia, da non confondere con l’attuale FFST che risale al 1994.
- [iii] Per saperne di più sull’ottava luce, leggete questo articolo.
- [iv] Thierry Riesser-Nadal si è suicidato in Giappone nel giugno 2010 all’età di 60 anni.
- [v] Hervé Scala, fisioterapista, formatosi in medicina tradizionale cinese, è stato uno dei grandi nomi tra i terapisti e i formatori in bio-psico-genalogia. Sua moglie Mireille Scala è ancora attiva.
- [vi] La Percussione del torace è un’antica tecnica anglosassone di fisioterapia respiratoria. Oggi è sostituita dal drenaggio attivo o passivo che consente l’accelerazione del flusso respiratorio (AFE).
- [vii] Takashi Okuyama è attualmente il doshu (maestro della Via) della scuola di jujutsu Hakko-ryu e Koho shiatsu.
- [viii] Il medico-colonnello Jean-François Borsarello (Aeronautica Militare) è uno dei pionieri dell’agopuntura scientifica in Francia. Scoprì l’agopuntura in Vietnam, quando era un giovane medico della Corpo di Spedizione Francese a Saigon. Da allora non smise mai di appassionarsi all’agopuntura, proseguendo i suoi studi in Giappone nel 1965 con il dottor Yoshio Manaka presso l’istituto Kitazato di Tokyo-Odawara, a cui sono ispirati molte delle considerazioni contenute nel suo ultimo libro pubblicato nel 2007 [Acupuncture et plantes de Pocone]. Arrivando fino al tempio Ninnaji di Kyoto, ha persino fotografato il famoso manoscritto I Shin Po (trattato sull’agopuntura giapponese), scritto da Tombaï Yasuyuri tra il 982 e il 984. Ha lasciato dietro di sé numerose opere tra cui un dizionario di medicina cinese.
- [ix] Thérèse Bertherat è stata allieva di Françoise Mézières. Ha fondato l’Antigymnastique. Maggiori informazioni su questo articolo.
- [x] Françoise Mézières è stata una pioniera in Francia della fisioterapia con il suo approccio posturale. Per maggiori informazioni, leggi l’articolo di Wikipedia.
- [xi] Questa nozione è da paragonare all’“Om” degli Induisti e dei Buddisti, la prima vibrazione dell’Universo che permette la creazione di mondi manifesti la cui materia è tutta di origine vibratoria.
- [xii] Secondo gli Induisti, la Madre Divina è l’espressione femminile di Dio.
Profilo:
Ryuho Okuyama
Ryuho Okuyama nacque nel 1901 e fu uno degli studenti del famoso Sokaku Takeda (1859-1943), che trasmise il Daito ryu a molte persone in Giappone, tra cui O Sensei Morihei Ueshiba, il fondatore dell’Aikido. Ecco perché l’Hakkō-ryū-jū-jutsu del sensei Okuyama ebbe origine contemporaneamente all’Aikido. Fu nel 1938 che il soke Ryuho Okuyama, allora trentacinquenne che aveva appena terminato gli studi di medicina, aprì il suo primo dojo a Tokyo. La tecnica che insegnò, chiamata hakkō-ryū, ha le sue origini nel Daitōryū aikijūjutsu, kito-ryū, takeuchi-ryū e tenshin-shinyo-ryū.
Durante gli studi di medicina, apprese l’agopuntura e sviluppò un forte interesse per le tecniche di cura manuale. Alcune fonti (ancora da verificare a oggi) affermano che quando Tokujiro Namikoshi aprì la sua prima clinica Shiatsu in Hokkaido nel 1925, lo fece in collaborazione con Ryuho Okuyama e collaborarono per 10 anni prima di separarsi, rendendo Okuyama uno dei pionieri dello Shiatsu in Giappone.
Ma mentre Namikoshi insistette sulla pressione effettuata in tutte le zone del corpo e si orientò verso la scienza occidentale, Okuyama preferì rimanere fedele alla tradizione della medicina Kanpo e dei meridiani. Dopo la loro separazione, Okuyama creò la sua forma di Shiatsu chiamata Koho Shiatsu, che si traduce come Shiatsu imperiale. Formò molti studenti, tra cui Yasuhiro Irie (fondatore del Kokodo jujutsu e dello Shiatsu) e Doshin So (fondatore dello Shorinji Kenpo). Il suo primo studente straniero fu Thierry Riesser, che divenne il suo figlio adottivo ed erede della scuola. Ma i maestri giapponesi non la presero bene e lo cacciarono dalla scuola. Tornato in Francia, Thierry Riesser fu uno dei pionieri dello Shiatsu in questo paese e formò molti praticanti attraverso la sua scuola marziale.
La forma Koho Shiatsu è uno stile marziale, incentrato su un kata di base, ma che tiene conto dell’intera gamma di strumenti diagnostici e terapeutici della medicina Kanpo. Viene insegnato solo come parte del jujutsu della scuola hakkō-ryū, in quanto è una scuola tradizionale (kō-ryū) e quindi chiusa in se stessa. Questo è il motivo per cui questo stile ebbe molta meno diffusione e risonanza di quelli di Namikoshi o Masunaga.
Ryuho Okuyama morì nel 1987, lasciando la direzione della sua scuola di Jujutsu e del Koho Shiatsu al nipote, l’attuale soke Takashi Okuyama.
Autore
- 19-21 settembre 2025 – Shiatsu Summit a Vienna: stanchezza cronica, burnout e depressione - 19 December 2024
- 24-26 ottobre 2025: Master Class a Vienna (Austria) – Shiatsu e arti marziali - 20 August 2024
- Corso Estivo Intensivo a Lembrun – 6-12 luglio 2025: disturbi del sistema digestivo, anatomia avanzata degli organi e nutrizione - 4 August 2024
- I punti che eliminano l’Umidità - 11 June 2023
- Intervista Mihael Mamychshvili: dalla Georgia a Everything Shiatsu, una vita dedicata - 22 April 2023
- Dr Haruchiki Hirata 平田内蔵吉 (1901-1945), Biografia - 21 April 2023